Svegliarsi per Sognare

Nel piccolo frammento della nostra esperienza coltiviamo e operiamo per il sogno di una comunità credente che sia sempre più riconoscibile come
casa del pane, perché conserva sempre un pezzo di pane e non nega a nessuno il Pane della Vita
chiesa della strada, perché ama rimanere in compagnia degli ultimi della fila
ministra della consolazione, perché ascolta, com-patisce e non giudica
pellegrina della verità, perché preferisce porre domande che fornire risposte
casa della mitezza, perché cerca di testimoniare  la verità con la vita, senza imporla con la forza o con le leggi
rifugio degli umili, perché si trova a suo agio con i perdenti piuttosto che con i vincitori
casa del fuoco, perché capace di alimentare la debole fiamma della speranza
tenda della tenerezza, perché non ama vivere sotto i riflettori. Ama  la tenda e diserta il palazzo. Preferisce i percorsi polverosi della terra alle piazze osannanti delle metropoli
con-vocazione del popolo di Dio, perché così evangelicamente piccola da trovare sempre un posto per l'ultimo arrivato.
No, la comunità e gli amici della famiglia di Sezano assieme a tutte le persone che giungono in questo luogo, non s’identificano con una realtà socialmente e culturalmente rilevante. Non siamo un “Centro Culturale”. Siamo una piccola luce, una debole fiammella di stoppino posta in un angolo della geografia di Dio. Tuttavia, in tempi come i nostri, quando il buio persiste e l’aurora tarda a venire, i cuori possono trovare orientamento anche nella debole luce di una fiammella. 


Testo completo della lettera
Il cuore del piccolo villaggio di Sezano (Verona-Valpantena) è un monastero che da 11 secoli custodisce la preghiera e la testimonianza di uomini che hanno consegnato la loro vita al Vangelo. Abitato all’inizio da monaci Benedettini, divenne successivamente dipendenza di un monastero della città (Santa Maria in Organo).  Non è mai stato quindi un' abazia ma un semplice priorato dipendente, abitato da pochi monaci, per lo più dediti alla vita dei campi con la gente del luogo.  Oggi qui vive una Comunità religiosa di Stimmatini.
Situato ai piedi della collina, ad est, si può contemplare il sole salire e, a sud, posarsi sulla valle fino a che lo sguardo raggiunge la città. Abitiamo nell’angolo della vallata. Non ci è consentito guardare dall’alto in basso. Così, la geografia ci insegna che non siamo migliori di altri, non al di sopra di altri. Non abbiamo una marcia in più… nessun supplemento di saggezza che ci contraddistingua, nessun guru da cui attendersi oracoli.
La consegna che la comunità religiosa ha ricevuto della sua congregazione è molto semplice: promuovere e custodire un luogo di silenzio, di preghiera, di relazioni vere, di ascolto e confronto con la parola di Dio, di accoglienza per chiunque cerchi di dare senso alla propria vita, un luogo di formazione alle responsabilità ecclesiali e sociali. 
In effetti le mura stesse custodiscono un ossimoro assai provocatorio (in genere gli ossimori mantengono viva una paradossalità molto feconda): l’edificio è sviluppato su una struttura di chiostro aperto.  Il chiostro è per l’appunto una struttura chiusa. Ma nel monastero di Sezano il chiostro non è un recinto chiuso, a sud, il lato che guarda  la città è  aperto. Che sia un caso?
Non è un caso che in questo angolo di mondo abbia trovato spazio l’Università del Bene Comune del Gruppo di Lisbona, fondata dal prof. Riccardo Petrella, che studia i problemi dell’impoverimento causato dall’economia globalizzata, senza regole se non quella del “vinca il più forte”. Non è un caso che abbia istituito qui, le sessioni della Facoltà dell’Acqua per promuovere una cultura del diritto all’accesso all’acqua fonte di vita per tutti contro la privatizzazione e la riduzione a merce di questo bene comune inalienabile. Neppure è casuale che la stessa abbia "istituzionalizzato" qui i percorsi della "Scuola del Vivere Insieme", perché l'economia, che studia e promuove le “regole della casa”, se non si pone al servizio del “vivere con gli altri” viene asservita a chi “vive contro gli altri”.
Casuali non sono nemmeno le relazioni e gli appuntamenti con uomini e donne di altre fedi che, proprio a partire dal bene e dai beni comuni, hanno avuto luogo negli spazi del monastero. Dio unisce, non separa. Sono nate cosi amicizie e collaborazioni. L’amicizia poi è diventata aiuto fraterno quando i rappresentanti della Comunità Islamica hanno chiesto agli amici di Sezano di sostenere i ragazzi della moschea nelle ripetizioni di matematica, materie scientifiche, italiano, latino ecc. In un territorio in cui la sottocultura leghista contamina menti e cuori, esperienze del genere possono diventare vere luci  sulla città.
Sarebbe da chiedere alla gente che, verso le 11.00 della domenica, varca il cancello del monastero di Sezano perché viene e cosa vi trova. Da più parti, le persone giungono  e, un po' alla volta s'incamminano verso il luogo della preghiera. Un saluto, un sorriso di benvenuto e poi il silenzio accompagnato da canti di preghiera, come per raccogliere e accogliere nell'unico pane di vita le vicende di tutta la settimana: ognuno arriva finalmente a casa! È qui che, facendo memoria del Signore crocifisso e risorto, vengono ricordati gli eventi della settimana che hanno segnato il cammino dell'umanità. Qualcuno potrebbe rimanere disturbato dal fatto che l'eucaristia, anziché essere introdotta dalla solenne processione tra nuvole d'incenso accompagnata dalla corale, diventi invece grembo  delle ferite e delle fatiche, delle angosce e dei dolori, delle gioie e delle speranze attraversate dalla gente del mondo. Non ha inizio la Cena del Signore senza che venga fatta memoria degli eventi accaduti nel corso della settimana. Fatti che riguardano il mondo del lavoro, la realtà della politica,  i drammi delle popolazioni oppresse, le tragedie naturali,  le speranze di riscatto e di liberazione ecc.  Parola, Corpo e Sangue illuminano poi le oscurità del vivere quotidiano. Le tracce di morte che ci portiamo dentro cercano una risposta di vita. E tuttavia, è pure vero che le vicende di ognuno e dell'intero vivente ascoltate con semplicità e profonda consapevolezza, a loro volta, illuminano la Parola e il Segno che l'accompagna, di una sempre nuova energia, di una sempre nuova fiducia. Potremmo dire che  celebrare e pregare insieme costituiscono il centro di quanto avviene in questo luogo. È ormai divenuta esperienza consolidata: più frequentiamo la Parola, più ci muoviamo nella ricerca di Dio, sempre più ci vengono rivelati racconti di umanità. Non importa poi che pochi o molti si riconoscano nella comunità di fede, nella comunità della mensa eucaristica. Possiamo in ogni caso affermare che, grazie a questa comunità, tra chi si riconosce in un'appartenenza di fede e chi non, avviene un qualche scambio di umanità. Racconti umani, volti umani, trovano riconosciuto il diritto ad esserci e a coltivare sogni. La mensa è laica. Non necessita di essere rivestita di ulteriori significati rispetto a ciò che già è in se stessa: spazio dove si alimenta la vita…Anche il Vangelo è laico, anche Gesù lo è, il Regno di Dio è laico. Dio è laico: nessuna religione ne detiene il monopolio. Non ci resta che sederci allo stesso tavolo, insieme. Tutti hanno il diritto di prendere posto alla mensa della vita con pari dignità. La spiritualità della mensa esige quindi l’impegno a lottare contro ciò che impedisce l’accesso di tutti al diritto alla vita e ai beni della vita che sono  per tutti. Dialogo tra le fedi, istanze di giustizia, lotta per i diritti, rispetto della dignità, accoglienza, percorsi formativi per  una cittadinanza dove la condivisione e  la gratuità  dei beni comuni diventino esperienze concrete, tutto appartiene alle molte narrazioni che risuonano tra l e mura di questo antico monastero. Sarà per questo che la rivista – Altreconomia -  che s’interessa di economia, ma nella prospettiva della giustizia sociale ed ambientale non della crescita del capitale, venendo a conoscenza delle varie iniziative  qui portate avanti, ci ha battezzati con un nome che ci fa onore: Monastero del Bene Comune.  Crediamo che, in un tempo come il nostro fortemente marcato dalla cultura individualista, in cui la stessa comunità credente per attestarsi sul mantenimento dell'esistente sta vivendo un calo di slancio evangelico, a questi luoghi  sia consegnata la vocazione del risveglio.  “Senza risveglio – disse con molta intelligenza Benigni – non si può sognare”. Viviamo in una società e in una chiesa a cui sono stati scippati i sogni. Nel piccolo frammento della nostra esperienza coltiviamo e operiamo per il sogno di una comunità credente che sia sempre più riconoscibile come
casa del pane, perché conserva sempre un pezzo di pane e non nega a nessuno il Pane della Vita
chiesa della strada, perché ama rimanere in compagnia degli ultimi della fila
ministra della consolazione, perché ascolta, com-patisce e non giudica
pellegrina della verità, perché preferisce porre domande che fornire risposte
casa della mitezza, perché cerca di testimoniare  la verità con la vita, senza imporla con la forza o con le leggi
rifugio degli umili, perché si trova a suo agio con i perdenti piuttosto che con i vincitori
casa del fuoco, perché capace di alimentare la debole fiamma della speranza
tenda della tenerezza, perché non ama vivere sotto i riflettori. Ama  la tenda e diserta il palazzo. Preferisce i percorsi polverosi della terra alle piazze osannanti delle metropoli
con-vocazione del popolo di Dio, perché così evangelicamente piccola da trovare sempre un posto per l'ultimo arrivato.
No, la comunità e gli amici della famiglia di Sezano assieme a tutte le persone che giungono in questo luogo, non s’identificano con una realtà socialmente e culturalmente rilevante. Non siamo un “Centro Culturale”. Siamo una piccola luce, una debole fiammella di stoppino posta in un angolo della geografia di Dio. Tuttavia, in tempi come i nostri, quando il buio persiste e l’aurora tarda a venire, i cuori possono trovare orientamento anche nella debole luce di una fiammella. 

p. Silvano Nicoletto